Essere d’ispirazione per gli altri.

È capitato nel corso della mia vita di conoscere persone, con le quali ho lavorato o magari semplicemente conosciuto, che mi abbiano voluto ringraziare per essere stato per loro un esempio e una fonte d’ispirazione.

Chiaramente si tratta di una delle gratificazioni più importanti che possa avere un uomo nel corso della sua vita. E queste non sarebbero state possibili, se io a mia volta, non avessi avuto precedentemente degli esempi ai quali ispirarmi. Non puoi ispirare qualcuno se prima tu non sei stato ispirato da qualcun altro.

Sin da piccolo, io ho avuto una principale fonte d’ispirazione, la mia famiglia. In particolare mia madre, lei era l’esempio che mi ha profondamente condizionato, sia a livello genetico che ambientale: la vedevo lavorare, fare delle cose assurde. Era incrollabile nel lavoro, nella sua determinazione. Era avanti rispetto agli altri, aveva la mente da imprenditrice, di chi pensa in grande. Ricordo che comprò una gioielleria con un pacco di cambiali, ora quella è ancora una delle gioiellerie più importanti e conosciute in Calabria. Ed è lei che l’ha fatta diventare tale.

Se aveva una lira, riusciva in un modo o nell’altro a quintuplicarla. Anche su di me ha investito in un certo senso: ricordo come fosse ieri, mi diede quasi 3 milioni delle vecchie lire per iniziare la mia prima attività: “Sono gli ultimi che ho – mi disse – vedi quello che puoi fare”. Oltre che un’ispirazione, in quel caso si è trattato di una delle motivazioni più forti che abbia mai avuto. E infatti dopo un mese glie li restituii con gli interessi, visto che guadagnai 5 milioni e 600 mila lire, l’equivalente oggi di 14.560,00 euro.

Anche lo sport è stato uno dei principali motivi d’ispirazione che hanno contraddistinto la mia crescita. Quando ero bambino e avevo 10-11 anni, c’era poca televisione e molta radio. Io ascoltavo le gesta di Pietro Mennea ai Mondiali, alle Olimpiadi, i record che stabiliva. Lui vinceva sempre, così mi sono appassionato all’atletica. Ho iniziato a leggere la sua storia, a conoscere come si allenava. Mi auto-motivavo, svegliandomi la mattina presto per andare a correre prima di andare a scuola. Quando lo facevo pensavo a lui, a Mennea, all’opportunità di emulare un campione del suo calibro. Ero disposto a fare dei sacrifici. E quando rientravo a casa da scuola spesso tornavo a correre, un’altra volta. Il suo mito mi ispirava e mi permetteva di superare la fatica, la stanchezza, le delusioni.

Inconsciamente stavo già rafforzando il talento della resilienza, la capacità di superare gli ostacoli e farli diventare un punto di forza. Immaginando di diventare come Mennea, senza nemmeno rendermene conto stavo già lavorando alla creazione di nuovi solchi neurali.

Immaginavo di poter diventare esattamente come quella figura che mi stava ispirando. Ero forte, vinsi tante gare, stabilii dei record, vinsi coppe, medaglie, trofei, mi sentivo importante, e tutto questo mi ripagava di ore e ore di sacrifici, di sudore, di svuotamenti totali di energia che provavo alla fine di una gara. In particolare nella gara dei 400 m piani, definita il giro della morte, dove alla fine di questa gara ero senza più un grammo di energia. Una capacità che ho utilizzato inconsciamente anche quando ho iniziato a studiare il kung-fu, una disciplina dove il potere della mente, dell’immaginazione e della concentrazione, sono degli aspetti fondamentali. In quel caso la mia ispirazione era Bruce Lee: andavo al cinema a vedere i suoi film, emulavo i suoi allenamenti e spesso, lo ammetto, mi facevo anche male. Ma con il duro lavoro sono diventato cintura nera, ho addirittura aperto una palestra insieme a un maestro franco-cinese cresciuto in Vietnam, settimo Dan di kung-fu. Lo avevo conosciuto a Roma e poi l’ho convinto a trasferirsi da me in Calabria. Praticamente dormiva nell’appartamento accanto al mio e dalla mattina alla sera mi spiegava i segreti e le tecniche del kung-fu.

Questi due sport, l’atletica e le arti marziali, hanno forgiato fortemente la mia mente e il mio carattere. Ero disposto a fare dei sacrifici sempre e comunque, cosciente che per raggiungere degli obiettivi dovevo essere disposto a fare dei sacrifici. Entrambi mi hanno insegnato a curare i dettagli, perché sia nella preparazione di una gara di atletica leggera che in un combattimento, la concentrazione e ogni minima azione devono essere perfette, impeccabili. Così, quando a distanza di anni ho iniziato a lavorare, stabilire un obiettivo, creare la strategia e superare gli ostacoli che si presentavano, era tutto un qualcosa che la mia mente già sapeva come affrontare. Quindi non mi abbattevo se incontravo qualche intoppo, anzi lo vedevo come un’area di miglioramento su cui lavorare per raggiungere prima l’obiettivo desiderato.

Solo successivamente, studiando dinamiche riguardanti il pensiero, ho capito che avevo lavorato fin da piccolo sul processo dell’immaginazione, cioè immaginare la persona che volevo diventare, quella che mi dava ispirazione. Emulare Pietro Mennea e Bruce Lee nella mia immaginazione, significava creare le condizioni mentali per poi mettere in pratica quello che volevo nella realtà.

Nel momento in cui immaginavo le gesta di questi modelli ed eroi, dentro di me nasceva l’ispirazione e la volontà di emularli, nel carattere, nella personalità, nell’attività fisica. E di conseguenza nelle azioni e nei risultati.

Tutti noi possiamo essere fonte d’ispirazione per gli altri, ma prima dobbiamo essere fonte d’ispirazione dei nostri sogni personali, perché fondamentalmente noi ci ispiriamo agli altri cercando di diventare la persona che vorremmo essere. Noi ci ispiriamo a qualcuno perché ci piace quel determinato modello, vorremmo diventare così. E solo aver vissuto questo ci può permettere di ispirare qualcun altro a nostra volta. E quando succede è una delle più grandi forme di gratificazione a livello personale, perché ti fa pensare e capire “allora sono importante per gli altri”.

Quando c’è questa convinzione il tuo animo si nobilita. E questo è quello che mi ha aiutato nel corso della mia carriera, andando a studiare i più grandi guru che sono stati dei simboli per milioni di persone, prendendo spunto dal loro modo di essere e dal loro modo di fare. Sono tanti i leader coerenti ma dal mio punto di vista Nelson Mandela rappresenta un simbolo di grande ispirazione a cui tutt’ora faccio riferimento dal punto di vista professionale. Questo mi ha portato a essere un coach atipico, che ha creato il suo modello comportamentale, frutto di decenni di ricerche, studi sulla mente, sviluppo del potenziale interiore. E soprattutto sulla possibilità di fornire strumenti concreti per aiutare le persone ad aumentare la loro autostima. Ad essere coach di loro stesse. E quindi di realizzare i loro sogni.

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