Nel corso dell’ultima giornata di campionato ho osservato con molta attenzione il modo in cui è stato gestito l’inserimento di un campione come Zlatan Ibrahimovic all’interno del Milan.
Questo perché si tratta di una dinamica molto complessa e interessante dal punto di vista dell’equilibrio emotivo e mentale di un gruppo, quello in questo caso gestito da mister Stefano Pioli. Lui è un allenatore che conosco bene e quindi so con certezza quanto sia attento a certi aspetti.
Ed effettivamente almeno in questo primo periodo lo ha dimostrato nelle parole e nei fatti, prima con le sue dichiarazioni in conferenza stampa (“Ibra deve essere visto come una risorsa, non come il salvatore della patria”) e poi in campo, non lanciandolo dal primo minuto come un po’ tutti a livello mediatico avrebbero voluto.
Il tecnico dei rossoneri sa perfettamente quanto questo tipo di acquisto possa portare tanti vantaggi, ma allo stesso tempo anche altrettanti svantaggi.
Nel primo caso l’arrivo di Zlatan ha certamente portato con sé una cassa di risonanza impressionante, capace di ridare entusiasmo a un pubblico mortificato e demoralizzato visto l’andamento in campionato.
Lui d’altronde è un giocatore che ha fatto la storia del Milan, con lui è arrivato l’ultimo Scudetto conquistato e nell’immaginario emotivo dei tifosi c’è un richiamo molto forte a quel momento di gioia, con la speranza che possa far rivivere gli stessi fasti.
Ciò genera indubbiamente energia positiva, ma dall’altra parte sono passati 7 anni da quel momento e. pur essendo ancora un giocatore fortissimo fisicamente e tecnicamente, l’usura fisica ne risente.
Di conseguenza cala la brillantezza, perché la velocità mentale e di pensiero ci può essere, ma non sempre corrisponde alla giusta reattività a livello fisico.
Ma a prescindere dalle condizioni di Ibrahimovic, l’aspetto più importante in assoluto è la sua gestione all’interno del gruppo, perché questo potrebbe pendere prendere emotivamente dalle labbra di Zlatan visto il suo spessore, arrivando addirittura a essere in soggezione.
Oltretutto questo mezzo passo falso in casa contro la Sampdoria è una Spada di Damocle, perché se non arrivano immediatamente dei gol da parte di Ibra e vittorie da parte del Milan, tutta l’attenzione si potrebbe ritorcere contro e spingere la squadra in un nuovo circolo fortemente vizioso.
Ecco perché Pioli e la società hanno fatto bene a deresponsabilizzare Ibrahimovic e mantenere alta la guardia all’interno del gruppo.
Il primo obiettivo infatti deve essere quello di ricompattarlo, di costruire una sua ben precisa identità, scrollandosi di dosso questo “stato d’animo negativo” di squadra senza obiettivi e sogni.
Così potrà iniziare a rigenerarsi nei suoi singoli elementi, che a loro volta dovranno dare il loro contributo all’interno dello spogliatoio.
Se a livello individuale si pensa che sia la squadra a rigenerare il singolo, si commette un grave errore. Devono essere tutti i componenti a rigenerarsi e, di conseguenza, a rigenerare il gruppo.
E in questo senso lo stesso Ibra dovrebbe fare una vera e propria attività, non da mental coach, ma da mentoring, cioè una persona esperta e competente nel suo campo che può rappresentare uno stimolo per conferire la giusta motivazione agli altri.
E anche in quel caso dovrebbe però fare molta attenzione, perché la sua personalità e la sua convinzione sono talmente alte che potrebbero produrre l’effetto contrario, demotivando le persone accanto a lui anziché motivarle.
La situazione è molto delicata, gli equilibri si giocano sul filo del rasoio, sulle parole, sugli sguardi, sulla comunicazione non verbale, sui comportamenti, ma soprattutto sul coraggio di voler fortemente uscire fuori da questa situazione, da questa cappa di negatività.
Ambienti che sono l’habitat naturale di una figura come la mia, perché con la sua competenza un mental coach è in grado di sciogliere dei nodi e indirizzare le emozioni, lucidando quelle positive.
Questo vuol dire lavorare sulla testa e mettere nelle condizioni il singolo giocatore di ripristinare la sua energia interiore, aumentandone le convinzioni.
Solo in questo modo crescono anche le possibilità di migliorare la prestazione sul campo.