Ti sei mai domandato cosa significhi realmente avere un obiettivo? Perché sentiamo dire spesso, “bisogna avere un obiettivo”, ma non sappiamo poi realmente come identificarlo. Prima di tutto, quando nel coaching si parla di un obiettivo è bene averlo chiaro in testa. E poi, ancora più importante, bisogna visualizzarlo, come se già fosse realizzato.
Non è una banalità, ma la realtà. Pensare costantemente all’obiettivo raggiunto ti farà entrare in quell’ordine di idee e abituerà il tuo inconscio, che orienterà le tue azioni a ottenere quel tipo di risultato. Ricordo un anno fa, in particolare, un lavoro sull’obiettivo portato avanti nel coaching con un mio assistito, il calciatore Antonio Candreva.
All’epoca era ancora un giocatore di proprietà della Lazio ed era reduce da un calcio di rigore sbagliato contro la Sampdoria alla quartultima giornata di campionato. In quell’occasione il portiere, Viviano, gli aveva parato il tiro dagli undici metri e nella partita successiva la Lazio avrebbe affrontato l’Inter di Handanovic, il para-rigori per eccellenza della Serie A.
Serviva dunque una preparazione specifica, per essere pronti nel caso in cui la settimana successiva si fosse presentato di nuovo un tiro dal dischetto, contro un avversario del calibro del portiere dell’Inter. E il lavoro che abbiamo fatto, senza entrare troppo nel dettaglio, è stato proprio quello di visualizzare quel momento, le sensazioni, il modo di calciare e la traiettoria che avrebbe dovuto seguire il pallone calciato verso la porta.
Effettivamente, poi, nella partita tra Lazio e Inter venne assegnato un calcio di rigore in favore della squadra biancoceleste e Antonio, come sempre, si prese la responsabilità di calciarlo. E sul campo realizzò esattamente quello che si era preparato prima, prevedendo quello che sarebbe potuto accadere: ciò che aveva visualizzato nella sua mente lo ha trasformato in realtà, realizzando quel tiro dagli undici metri.
In questo caso l’esempio è semplice e lampante: l’obiettivo era chiaro, cioè tornare a segnare un calcio di rigore dopo averlo fallito pochi giorni prima. E visualizzare un finale alternativo rispetto a quello dell’errore contro la Sampdoria è stato determinante nell’abituare l’inconscio a un risultato positivo, senza lasciarsi travolgere dalla paura di fallire di nuovo. Il suo obiettivo era quello di realizzare un’esecuzione perfetta. Il risultato fu uno dei migliori rigori della sua carriera, e il portiere Handanovic rimase immobile. E grazie alla visualizzazione, lui era convinto di riuscirci ancora prima di calciare.